Passa ai contenuti principali

Pericolo estinzione in pixel


              Una cosa che si cerca di fare spesso con l’arte contemporanea è di contestualizzarla in qualche modo per poterla giustificare; nella maggior parte dei casi questo tentativo si rivela inutile e solo confusionario dal momento che le opere di oggi non possono essere classificate solo in dipinti o sculture. L’arte contemporanea è diversa e disturbante, questo bisogna ammetterlo, non è ricerca tecnica o bello accademico, ma può essere racchiusa in qualsiasi oggetto che è portatore di un significato o in un qualsiasi elemento che vuole mettere in discussione qualcosa.

               Detto questo, si può dimenticare il classico modo di dire “l’arte non è cosa da tutti”, ma affermare il fatto che può essere fatta da chiunque, anche da chi non ha frequentato appositi istituti.

               Basandoci proprio su questi presupposti vorrei parlare della campagna “WWF Japan - Population by pixel” realizzata dagli “artisti” (direttori creativi) Nami Hoshino, Yoshiyuki Mikami e Kazuhiro Mochizuki dell’agenzia Hakuhodo C&D Tokyo nel 2008; essa consisteva nella rappresentazione del pericolo di estinzione di alcune specie di animali attraverso l’uso dei pixel delle fotografie.

               Per chi non lo sapesse, apro una breve parentesi; i pixel sono dei quadratini che compongono i pigmenti delle fotografie e la loro quantità varia in base alla qualità della macchina fotografica; quindi, più una fotografia è buona, più pixel ha e quindi meglio si vedrà l’immagine che è stata catturata. Se si guardano le prime fotografie della storia, infatti, si potrà notare che sono quasi tutte (alcune più, alcune meno) sgranate; grazie allo sviluppo tecnologico questo problema è stato ovviamente risolto.

               Per farvi capire meglio la quantità di pixel con cui noi siamo abituati a vedere le fotografie prendiamo in esempio le fotocamere dei cellulari, che generalmente variano dai 10 ai 12 megapixel, in cui ogni megapixel corrisponde a 1'000'000 pixel.





               La collezione fotografica realizzata dal WWF Giapponese ha giocato proprio sulla loro funzionalità, inserendone l’equivalente in base alla quantità di esemplari ancora esistenti per la specie ripresa in ogni fotografia; quindi meno pixel sono presenti meno sono gli esemplari rimasti, più grandi sono i pixel peggiore è la fotografia.

               Prendendo in esempio l’immagine che cattura il panda gigante (simbolo mondiale del WWF) è composta da 1600 pixel, perché questo numero equivale alla quantità di esemplari stimati rimasti; guardando la fotografia si capisce a quale animale si riferisce, ma non riusciamo a coglierne nessun dettaglio: la brillantezza degli occhi o la sofficità del pelo ci è illeggibile. Chissà quale sarebbe l’idea che riuscirebbe a farsi una persona che non ha mai visto documentari o fotografie dell’animale in questione attraverso solo questa immagine.

               Anche un fotografo si è interessato a questo argomento. Noto sui social con il nickname di JJ Smooth 44, ha ripreso questa tecnica nel 2018 per attribuirla anche ad altri animali che rischiano di sparire dalla nostra terra. La triste conclusione del suo lavoro è che in 10 anni purtroppo nulla è cambiato, anzi, forse la situazione è peggiorata in alcuni casi; nonostante le sue creazioni diventarono virali, uno degli animali che riprese (il Leopardo dell’Amur nell’ultima foto dell’articolo) è quasi dimezzato nel giro di 3 anni.

               Ancora una volta l’arte con i suoi mezzi cerca di denunciare, in questo caso, un triste destino, con una tecnica molto coerente per la trasmissione del messaggio: peggio vedi la fotografia e sempre più gli animali “spariscono”.






               Per concludere l’articolo vi vorrei lasciare con una bella notizia estremamente recente. Nel corrente mese (luglio 2021) il governo cinese ha dichiarato che la migliorata condizione dei panda giganti, dovuta soprattutto ai lavori per l’espansione del loro habitat attraverso la creazione di vaste riserve naturali, hanno dato i frutti di un duro lavoro. Avevamo detto che nel 2008 erano 1.600 quelli rimasti, ora questa specie può sorridere e vantarsi di essere aumentata di 264 esemplari in 13 anni, passando da in “via d’estinzione” a “vulnerabile”.

             Forse, in parte, anche l'arte un po' è riuscita a fare la sua parte!

Fonte immagini: prese dal sito GreenMe (sotto autorizzazione)





Commenti

Post popolari in questo blog

"Potevo farlo anch'io"

                 La famosa frase titolo dell'articolo, "potevo farlo anch’io", continua a perseguitare le scene dell'arte contemporanea e degli artisti che la praticano (soprattutto l'arte concettuale ne è stata, e lo è ancora, una vittima); ma quando a questa frase si risponde "allora perché non l'hai fatto tu?" tutte le critiche cessano.                Mi sono resa conto, nel tempo, che questo genere di affermazione viene fatta da chi non riesce ad andare oltre ciò che vede con gli occhi, da coloro che semplicemente decidono di ignorare il significato profondo che si cela dietro a un orinatoio rovesciato o a una tela tagliata; la cosa sconvolgente è che questo pensiero proviene anche da persone che hanno studiato storia dell’arte e che il trasparente messaggio che si cela dietro queste opere lo dovrebbero conoscere.                Non ho ancora trovato una spiegazione al fatto che nonostante sembra che oggi ci siamo abituati a conoscere il part

Le diverse Marilyn

                 “Cosa indossi per andare a dormire?” “Solo due gocce di Chanel N. 5”: ecco la frase iconica di una delle donne considerate tra le più belle e sensuali dei nostri tempi.                Fin da giovanissima Marilyn Monroe è entrata nel mondo dello spettacolo come attrice, cantante e soprattutto come modella, tanto che, prima di firmare il suo primo contratto cinematografico a vent’anni, aveva già posato davanti agli obiettivi per diverse volte. La sua celebrità la deve molto al film di Bill Wilder del 1955 “Quando la moglie va in vacanza”, nel quale ritroviamo la famosissima posa della gonna che si alza per un getto d’aria creato dal passaggio della metropolitana proveniente dalle griglie di ventilazione nel marciapiede e lei che cerca di tirare il tessuto svolazzante verso in basso con le mani per coprirsi la biancheria intima.                Un personaggio così mediatico che, a partire da quando era in vita fino ai giorni più recenti, la sua figura non è sfuggita al

L'italiana "dimenticata" di Banksy

  Banksy: conosciuto ovunque ma non ammirato da chiunque.                La sua carriera iniziò nei musei di Londra installando illegalmente le sue opere nelle sale, tra le creazioni di altri artisti, o in eventi dedicati ad altri. Chi avrebbe mai pensando che sarebbe diventato lo street artist più famoso del mondo? Oggi le sue opere sono diventate iconiche; come Balloon Girl , Kissing Coppers o Devolved Parliment: lavori di cui si è parlato, discusso e criticato fin troppo nel corso degli anni. Trovo che di un’opera, però, non si sia parlato abbastanza, un’opera di cui non si ha quasi più memoria.                Tutti conosciamo le “ banksy italiane ”: la sua Madonna con Pistola a Napoli e Il bambino di Venezia, opere cariche di significato che portano l’osservatore sempre a farsi domande critiche. Forse tutti non sanno che l’amante delle bombolette spray ha deliziato la nostra penisola con un terzo capolavoro: la Madonna con Coca Cola e patatine . Se non la conoscete non all