Di
solito, quando andiamo al cinema ci aspettiamo un orario di inizio sul
biglietto acquistato e che la durata media del film sia di due o di due ore e
mezzo, con un intervallo di 10 minuti per rilassare un attimo gli occhi. Ma
cosa ne direste di assistere a un film che non comincia a un orario preciso perché
la sua durate è di 24 ore senza nessuna pausa? Troppo lungo? Eppure c’è chi ha
pensato valesse la pena realizzarlo.
Con
un budget di 100 mila dollari e dopo aver speso 3 anni insieme a una squadra di
6 collaboratori per la ricerca e il montaggio delle scene, l’artista Christian
Marclay realizza la video installazione “The
Clock” (“L’Orologio”), facendolo
debuttare alla White Cube gallery di Londra il 15 ottobre del 2010. Questo “film”
riscontrò un enorme successo, tanto che un anno dopo vinse il Leone d’Oro alla
Biennale di Venezia e tutte le sei edizioni prodotte furono vendute ad alcuni dei
maggiori musei del mondo come il National Gallery of Canada o il Centre
Pompidou di Parigi.
Il
titolo di questo lungometraggio rispecchia il tema di ciò che vediamo. Il film
rappresenta costantemente degli orologi (o qualsiasi strumento con riferimento
al tempo) che sono sincronizzati all’ora effettiva del luogo in cui viene
proiettato; se a esempio siamo a Londra e l’orario locale segna le 16.15 anche
gli orologi sullo schermo di The Clock
confermeranno tale ora, e così per tutto il resto della giornata. Esso ci
costringe a pensare continuamente al tempo che scorre, al nostro presente e a
come il tempo non smetta mai di proseguire anche nel momento in cui non ci
pensiamo; a come questa monumentale opera non si fermi mai nonostante gli
spettatori siano liberi di entrare e uscire a loro piacimento dalla sala.
La
cosa così affascinante di questa opera è che non sono state girate
appositamente le scene per la sua realizzazione come di solito avviene, ma essa
è formata da migliaia di immagini (circa sulle 12 mila) di film o serie tv già
esistenti. Questa tecnica crea un bellissimo mix di generi ed epoche; si può passare
da un film horror a uno romantico, da un film in bianco e nero a uno a colori,
oppure anche da un film muto a uno con il sonoro.
Detta
così sembra una visione estremamente noiosa e ripetitiva, ma in realtà Marclay
è riuscito a creare un collegamento tra le scene che si succedono, tanto che quasi
tutti i visitatori che si sono fermati per guardarlo gli hanno dedicato più
tempo di quello che avevano pensato. La critica e giornalista Holly Williams ha
dichiarato in un articolo del New York Times che “ci sono sottili collegamenti tra gli spezzoni: il tè viene versato in
un decennio e bevuto nel film di un altro decennio”; lei stessa ha
dichiarato di essere entrata nella sala proiezione verso mezzogiorno e di aver
assistito a quasi tutte le 24 ore di pellicola, da quanto questo lavoro l’avesse
rapita.
Queste
sono state le parole di un’esperta, ma cosa ne ha pensato il pubblico? Ci sono
state due dichiarazioni importanti da parte di chi ha visto il film. La prima
riguarda quelli che non temono le ore piccole e sono riusciti a rimanere svegli
durante la notte, assistendo a quella parte di film che va dalle tre alle
cinque del mattino, in cui la ricerca delle scene inserite è molto
interessante; come si può immaginare, i film girati che rappresentano ore
notturne sono molto più scarsi di quelli che riprendono momenti diurni, e questa
è sicuramente una difficoltà aggiuntiva con cui Marclay ha dovuto fare i conti
nel montaggio, ma che è riuscito ad affrontare ottimamente. La seconda riguarda
le prime ore del mattino, in cui al posto di orologi sono state inserite le
sveglie come testimonianza oraria, e gli spettatori dichiararono che è stato
molto interessante vedere le diverse fasce orarie di risveglio e i diversi
suoni che vengono asseriti (spesso anche fastidiosi) a questa funzione.
Come
già detto in precedenza, questa opera senza capo ne coda non è fine a se
stessa, ma la sua intenzione è quella di farci rendere consapevoli del tempo
che scorre, ma, allo stesso tempo, può essere capace di farcelo dimenticare.
Nonostante il ticchettio delle lancette sia continuamente inquadrato, non si
può fare a meno di rimanere ipnotizzati davanti allo schermo con il ritmo
incalzante delle scene, dimenticando che è reale il tempo che scorre sullo
schermo.
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